Scoperte pirano tacrine efficaci nella malattia di Alzheimer

 

 

LUDOVICA R. POGGI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 21 maggio 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

I principi terapeutici seguiti nella cura dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer risentono della mancanza di conoscenza dei meccanismi eziologici e sono focalizzati su elementi noti della patogenesi e delle fisiopatologia sui quali si riesce, almeno in parte, ad agire.

Attualmente si continua ad impiegare le seguenti misure terapeutiche: 1) inibitori dell’acetil-colinesterasi (AChE); 2) agenti che influenzano la neurotrasmissione del glutammato; 3) approcci neuroprotettivi; 4) farmaci indicati nei disturbi comportamentali.

Nonostante i progressi compiuti nella conoscenza dei meccanismi che portano alla produzione dei peptidi amiloidogenici (Aβ40-42) responsabili della formazione delle placche neuritiche, così come dei processi che conducono all’aggregazione dei filamenti appaiati ad elica derivanti dalla proteina tau fosforilata e costituenti i grovigli della degenerazione neurofibrillare intraneuronica, non si è trovato ancora il modo di arrestare queste reazioni patologiche senza esporre i pazienti talora a rischi potenzialmente gravi, talaltra a rischi non bene valutabili.

Tutti gli approcci attualmente in uso non influenzano direttamente la progressione della patologia, e la ricerca di possibili approcci o agenti in grado di modificare realmente l’andamento dei processi patologici rimane un obiettivo prioritario, ma difficilmente perseguibile in assenza di decisivi progressi nella conoscenza di meccanismi causali che consentano di sbloccare l’attuale empasse.

Dopo una fase di speranze in gran parte deluse, circa le possibilità della terapia genica, si è passati al tuttora fiorente impiego di modelli transgenici per testare nuove terapie. La ricerca preclinica ha proposto spesso in questi anni molecole che rivelano un ottimo profilo farmacologico nelle fasi preliminari della sperimentazione ma, al vaglio successivo, le possibilità di impiego efficace si riducono in genere drasticamente. Il dovere di documentazione ci impone di portare all’attenzione quanto emerge di promettente dalla ricerca e giunge a nostra conoscenza[1], nella speranza che almeno qualcuna di queste nuove possibilità sarà in grado di migliorare la vita, e magari prolungarla, a quelle persone che hanno avuto la sventura di essere colpite da questa terribile patologia.

Garcia-Font, con colleghi neurochimici spagnoli e algerini, ha ottenuto la sintesi di 13 nuovi composti racemici derivati da pirano tacrine (PT) e ne ha sperimentato in vitro le potenziali proprietà terapeutiche nella malattia di Alzheimer.

La potente attività anti-colinesterasica, associata alla proprietà di inibire l’aggregazione amiloide e la fosforilazione della proteina tau, fanno di questi composti dei candidati ideali al prosieguo della sperimentazione (Garcia-Font N., et al., Potent anticholinesterasic and neuroprotective pyranotacrines as inhibitors of beta-amyloid aggregation, oxidative stress and tau-phosphorylation for Alzheimer’s disease. European Journal of Medicinal Chemistry 118: 178-192, 2016).

La provenienza degli autori è la seguente: University Research Institute of Neurochemistry (IUIN), University Complutense Madrid (UCM), Madrid (Spagna); Department of Biochemistry and Molecular Biology II, School of Pharmacy, University Complutense Madrid (UCM), Madrid (Spagna); Department of Organic Chemistry and Inorganic Chemistry, School of Biology, Environmental Sciences and Chemistry, University Alcalà, Ctra (Barcelona), Alcalà de Henares (Spagna); Team for Synthesis of Molecules with Therapeutic Goal, Laboratory of Natural Products of Vegetal Origin and Organic Synthesis, University Mentoury-Constantine, Campus of Chaabat-Ersas, Constantine (Algeria).

Lo studio è consistito nella sintesi dei composti e nella valutazione in vitro. Come già accennato, 13 nuove molecole racemiche, analoghe della tacrina (2-clorochinolin-3-yl piranotacrine sostituite) diverse fra loro sono state analizzate sotto il profilo biologico. Due di queste molecole, il composto 9 e il composto 4, sono agenti non neurotossici delle cellule del neuroblastoma umano SHSY5Y. Rispetto all’inibizione dell’acetil-colinesterasi (AChE), che tende nella terapia dell’Alzheimer a compensare lo squilibrio fra sistemi proencefalici caratterizzato da difetto dell’attività colinergica centrale, è stato rilevato quanto segue.

I composti 9 (IC 50 = 0.47 ± 0.13 μM) e 4 (IC 50 = 0.48 ± 0.05 μM) sono potenti, di tipo misto (9: Ki = 0.0142 ± 0.003 μM) e selettivi inibitori di EaAChE che si legano sia al sito catalitico sia al sito anionico periferico dell’enzima.

I composti 9 e 4 sono agenti neuroprotettivi a basse concentrazioni μM per ridotta disponibilità in cellule SHSY5Y indotta da stress ossidativo e stimolatori della fosforilazione di tau dipendente da GSK3β. Inoltre, le molecole 9 e 4 contrastano efficacemente l’aggregazione dei peptidi Aβ, negli esperimenti di esposizione ad Aβ1-40, così come l’oligomerizzazione e la fosforilazione in (369)Ser della tau dipendente dall’aggregazione di Aβ1-40, che potrebbero essere ascritte alle proprietà antiaggreganti mostrate in vitro.

Sulla base di questi dati si può concludere che è stata scoperta una nuova famiglia di analoghi della tacrina che associano ad una potente attività anticolinesterasica capacità di inibizione sia dell’aggregazione dei peptidi amiloidi, che porta alla formazione delle placche neuritiche extracellulari macroscopiche, sia della iperfosforilazione della proteina tau, che innesca le reazioni determinanti la degenerazione neurofibrillare intraneuronica.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura degli articoli di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Ludovica R. Poggi

BM&L-21 maggio 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Di recente, vari membri di una nuova classe di derivati triciclici cumarinici con anello iminopiranico sono stati sperimentati come potenziali farmaci anti-Alzheimer per la loro attività inibitoria dell’acetil-colinesterasi (AchE) associata ad una azione di smaltimento di radicali (v. in Note e Notizie 16-01-16 Notule); un approccio più radicale alla terapia dei processi neurodegenerativi è proposto in una recentissima recensione (Note e Notizie 30-04-16 Inibizione di TDO efficace su modelli di Alzheimer, Parkinson e Huntigton); ma più in generale si suggerisce di scorrere l’elenco delle “Note e Notizie” per le numerose recensioni su questo argomento.